LA STRAGE DELL’ALBERGO DIANA

Strage Diana Milano bomba

Un’esplosione terribile, il fumo soffocante che invade lentamente i locali, decine di morti e feriti, la gente che scappa impaurita. Sembra la bomba di piazza Fontana di Milano, deflagrata il 12 dicembre del 1969 all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura, considerata come l’inizio della Strategia della tensione. Invece no. Invece si tratta di una bomba scoppiata quasi 50 anni prima. Un’ordigno dimenticato, sepolto nella memoria del paese, che però fece a pezzi 21 persone e provocò 80 feriti. L’attentato dinamitardo avvenne il 23 marzo del 1921 sempre a Milano, al teatro – albergo Diana di via Piave, a pochi passi da porta Venezia. Pare, ma il condizionale è quanto mai d’obbligo in questo caso, che l’obiettivo fosse il questore Giovanni Gasti. Per la bomba furono processati e condannati tre anarchici che volevano la liberazione di Errico Malatesta, leader del movimento, rinchiuso da un anno a San Vittore che da pochi giorni aveva annunciato uno sciopero della fame. Malatesta tuttavia condannò sempre l’attentato che non servì a niente, se non a maciullare corpi innocenti, compreso quello di una bambina di soli cinque anni, e a favorire l’ascesa del fascismo, che il 28 ottobre del 1922 con la Marcia su Roma conquistò il potere.

Ma questa è un’altra storia, per dirla con Carlo Lucarelli. A noi di Storie Dimenticate interessa certamente far riemergere dalla nebbia del passato una strage orribile che in un macabro conteggio fece persino più morti di quella di piazza Fontana. Ma interessa anche parlare di ciò che c’era al posto del teatro – albergo. Lì, infatti, in via Piave al civico 42, dove adesso sorge un lussuoso hotel, una volta c’era una vera e propria piscina olimpionica realizzata nel 1843: se Federica Pellegrini o Gregorio Paltrinieri fossero vissuti a metà Ottocento ci si sarebbero sicuramente allenati. Ne siamo più che sicuri.

Hotel Diana Milano

Il teatro – albergo Diana fu realizzato nel 1908 su di un’area che da circa 60 anni ospitava una vasca lunga 100 metri e larga 25, utilizzata anche per le gare di tuffi, all’epoca chiamati “salti in acqua”. Fu la prima scuola di nuoto di Milano, progettata niente meno che dall’archistar dell’epoca, Andrea Pizzala, colui che mise nero su bianco la galleria De Cristoforis che collegava corso Vittorio Emanuele II con via Montenapoleone Nel 1900 la piscina ospitò anche il campionato italiano di tuffi organizzato dalla Nettuno Milano, la più antica società sportiva del settore. Era un vero e proprio impianto all’avanguardia, unico nel suo genere. Inoltre, dettaglio tutt’altro che trascurabile, fu costruito facendo molta attenzione al portafoglio. Infatti le aree su cui sorgeva erano periferiche e non valevano un granché. Porta Venezia si chiamava porta Orientale e la zona di Buenos Aires o il quartiere Città Studi non esistevano nemmeno nei sogni più sfrenati. Erano solo campi e prati, punteggiati qua e la da cascinali e granai. Da un punto di vista immobiliare non avevano alcun rilievo.

Tuttavia, a cavallo fra Ottocento e Novecento, con l’urbanizzazione al di la dei bastioni, l’area su cui si trovava aumentò di valore. Era diventata centro città. O qualcosa di molto vicino al centro. In pochi anni si era trasformata in una zona pregiata, ambita da molti e nel 1908 si decise di realizzare un kursaal, ovvero una struttura turistica polifunzionale simile a Montecatini Terme inaugurata solo pochi mesi prima, dotata di un albergo, di un teatro, di un ristorante, di un campo per il gioco della pelota, di un tiro al bersaglio e, appunto, di una piscina. L’idea di fondo era di valorizzarla e, al contempo, di rendere l’area più allettante da un punto di vista immobiliare. Quando fu costruita, però all’ultimo momento la piscina venne cassata dal progetto per la scarsa qualità delle sue acque: si approvvigionava dalla roggia (privata) Gerenzana, che a sua volta era collegata al naviglio della Martesana prima della confluenza col Seveso. Si era cercato di ovviare al problema. Tuttavia, vuoi per i costi eccessivi della depurazione, vuoi per gli inghippi burocratici, si decise di lasciar perdere. E la piscina olimpionica, col suo glorioso passato, chiuse definitivamente i battenti.

Bomba hotel Diana Milano

A distanza di 13 anni dall’apertura del kursaal ci fu l’attentato. Un botto terrificante, per il quale furono processati e condannati tre anarchici individualisti: Ettore Aguggini, Giuseppe Boldrini e Giuseppe Mariani. Secondo molti le indagini fecero acqua da più parti e sempre secondo molti l’obiettivo era il questore Gasti, inventore del metodo di catalogazione delle impronte. Secondo informazioni raccolte dai tre anarchici Gasti abitava sopra il teatro e sovente l’albergo – teatro era usato come luogo d’incontro con Benito Mussolini. L’ordigno esplose poco prima delle 23. Gasti rimase illeso.  In compenso furono uccise oltre 20 persone e poco meno di 100 rimasero ferite. Fu una vera e propria carneficina, passata alla storia come la Strage del Diana. La scena del crimine fu il teatro. Lì, poco prima del palco, furono piazzati ben 160 candelotti di gelatina esplosiva. Gli anarchici sostennero sempre di averli lasciati fuori, che qualcun’altro li mise all’interno. Fatto sta che i candelotti deflagrarono appena suonato il trillo d’annuncio d’inizio dello spettacolo “La Mazurka Blu”, che dà anche il titolo a un libro che ricostruisce dalla A alla Z l’attentato.

L’esplosione fu talmente violenta che alcune pareti vennero completamente sbriciolate. Furono investite le prime file e la buca dell’orchestra che doveva suonare l’aria di Franz Lehar. Erano arrivati alla quindicesima replica. Doveva essere l’ultima. Oltre al libro l’episodio è citato in molti testi di storia. Anche in internet si trova molto. D’altro canto il centenario è trascorso da poco. Per nostro conto ci limitiamo ricordare come quelli furono anni molto difficili. Uscivamo da una guerra, la Prima, lunga e dolorosa. Eravamo insoddisfatti della piega che stavano prendendo gli eventi. Gli esperti lo chiamano il “Biennio rosso”. Prima di quel terribile attentato ne accaddero altri tre. Tutti in centro, uno vicino al ristorante Biffi, nella Galleria Vittorio Emanuele II, gli altri contro la pasticceria Cova, dove l’alta borghesia milanese consuma il rito del caffè. E anche in quei casi non mancarono morti e feriti. La strage del Diana anticipò in un certo modo quella di piazza Fontana, dove fra l’altro si trovava la Corte d’Assise che processò i tre anarchici e, prima di loro, Gaetano Bresci.

Immaginare adesso che pochi anni prima al posto del kursaal dove fu piazzata una bomba c’era una piscina olimpionica fa un certo effetto. Soprattutto se si pensa che a un tiro di schioppo c’è il cosiddetto quadrilatero del “silenzio”, una manciata di strade alle spalle della fermata Palestro del metro’.

Strage Diana Hotel

More from REDAZIONE
LA BASE NATO DI BRESCIA
Wikipedia spiega che “Cortina di Ferro” è una locuzione per indicare la...
Read More
Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *